presenta in esclusiva:

 
 

Gli ultimi sviluppi ed il quadro teorico

 

Pubblicata il 27/04/2004

Le nostre unicità

Cari Amici, reduci dalla manifestazione di Grottammare del 17/18 aprile, possiamo finalmente fornirvi i necessari aggiornamenti in relazione alle sperimentazioni che eseguite intorno al caso della cella di Mizuno/Ohmori o Naudin che a dir si voglia.
Innanzitutto bisogna precisare subito che la cella, nel prosieguo delle sperimentazioni, ha subito una serie di trasformazioni che l’hanno completamente mutata rispetto al progetto originario, offrendo delle unicita’ molto peculiari che hanno permesso, tra l’altro, di ottenere un quadro fenomenologico- teorico completamente nuovo.

Una prima fondamentale differenza rispetto alla cella Mizuno/Ohmori, non abbiamo utilizzato un anodo di acciaio inox per evitare la possibilità che impurità di sorta potessero inquinare le misure ma abbiamo preferito utilizzarne uno che fosse anch’esso di tungsteno, evitando di incappare in sviste provocate dai depositi che l’acciaio poteva rilasciare galvanicamente sul catodo. Di questo fatto avevamo gia’ fornito sufficienti ragguagli poiche’ nel primo resoconto su questo sito cominciammo l’esperienza utilizzando questo materiale quasi da subito.

Per quanto riguarda la soluzione alcalina adoperata, così come scelto dall’inizio, e’ stata largamente utilizzata una soluzione di carbonato di potassio molto puro e testandola a diverse concentrazioni. Prima di scegliere definitivamente il carbonato di potassio come soluzione ottimale, il nostro gruppo ha comunque effettuato esperimenti anche con soluzioni a pH acido e sono stati sperimentati cationi diversi come il magnesio, il litio e il sodio. Utilizzando questi differenti cationi, il plasma prodotto nella cella ha presentato colorazioni caratteristiche e comportamenti leggermente diversi a seconda del tipo di catione utilizzato. Lo studio del comportamento del plasma attraverso elettrolisi con altri cationi, ci ha permesso di capire con maggior dettaglio i fenomeni in gioco e ci ha offerto l’opportunita’ di avvalorare meglio le nostre tesi che mostreremo in questo articolo.

clicca per ingrandire
Analisi al SEM con evidenza di Osmio

Riteniamo che la scelta di adoperare un anodo di tungsteno al posto dell’acciaio sia stata fondamentale. Grazie a tale soluzione non abbiamo misurato sul catodo i depositi di ferro, cromo e carbonio indicati dagli scienziati nipponici. Ma, di contro, come vedremo si sono verificate presenze di renio, itterbio, osmio, tulio e anche oro.
Queste verifiche sono state effettuate tramite microscopio elettronico a scansione, grazie alla gentile collaborazione di amici che, lavorando presso universita’ locali, avevano la strumentazione adatta a tale scopo.

Nel prosieguo delle prove abbiamo configurato la zona intorno al plasma mediante una particolare geometria catodica che ci ha consentito di ottenere zone con una densita’ di corrente molto elevata. Chiameremo questa zona “banda di reazione”. In alcune prove, proprio su tale zona, abbiamo stimato una densita’ di corrente oltre i 10 A/cm2.

Il fatto di riscaldare inizialmente la soluzione elettrolitica è fondamentale poiche’ tale operazione offre le giuste condizioni di conducibilita’ elettrica, necessarie per un corretto innesco del plasma e soprattutto per lo stabilirsi di un caratteristico transito ionico.

La teoria con le possibili reazioni nucleari

Dopo notti insonni e discussioni interminabili, finalmente, dopo l’ennesima birra consumata in estenuanti brain storming ecco quale potrebbe essere il modello che spiega il funzionamento della cella.

Tutto inizia grazie al riscaldamento graduale della parte dell’elettrodo catodico immerso in soluzione. Tale riscaldamento, inizialmente generato per effetto Joule, diventa di entità notevole quando, nel caratteristico istante critico, si innesca il plasma. Tale istante critico, che dipende dalla temperatura della soluzione e dalla tensione applicata alla cella, si verifica quando le bolle di idrogeno gassoso sono troppo numerose e creano isolamento galvanico fra la soluzione e il catodo. In quel momento gli ioni di potassio positivi che hanno avvinto tutta la superficie catodica come uno schermo, innescano delle scariche elettriche che decretano l’inizio dell’azione di plasma. Il radiometro infatti, fornisce in questa fase indicazioni caratteristiche di tale meccanismo. Successivamente il plasma circonda il catodo aumentandone la temperatura della parte immersa. Mentre questo accade i protoni provenienti dalla soluzione elettrolitica cominciano a scaricarsi nella zona alta del plasma: la “banda di reazione”.

Diciamo subito che questo meccanismo di generazione di plama porta il tungsteno, piu’ o meno velocemente, ad assumere una temperatura che raggiunge punte di oltre 3000 gradi; il raggiungimento di tale temperatura è comprovato dalle foto al microscopio che illustrano chiaramente le zone di fusione del metallo. Ed è noto che il tungsteno fonde a circa 3400°C.

clicca per l'ingrandimento
Punta catodo tungsteno in evidente fusione
Il tungsteno, portato a tali temperature, risulta essere anche sede di una intensa emissione di elettroni termoionici. Inoltre, la geometria catodica peculiare che abbiamo introdotto costringe il flusso di ioni di idrogeno (protoni), presenti nella soluzione, a concentrarsi in una particolare area del catodo di tungsteno. Un altro importantissimo effetto è generato dagli ioni di potassio della soluzione elettrolitica che, circondando il catodo, creano l’armatura positiva di un condensatore virtuale e un conseguente effetto catalizzante particolare per le reazioni che fra poco enumereremo.

Dopo vari aggiustamenti e verifiche, il gioco funziona più o meno così: grazie allo stato coerente di plasma e all’enorme numero di elettroni presenti in esso e grazie all’ “effetto condensatore” dovuto al catione alcalino che non si deposita al catodo, capita che, di tanto in tanto, qualche elettrone invece di unirsi ad un protone per formare un atomo di idrogeno, vi ci vada a sbattere contro, generando un neutrone secondo la reazione:

o identicamente

Il simbolo del neutrino è stato posto in previsione di una ipotetica necessita’ di riequilibrare eventualmente l’energia ma, per ora, si tratta di un’ipotesi. Potrebbe anche verificarsi un tipo di reazione completamente diversa ma, per quanto riguarda i neutroni, essi vengono prodotti certamente. Siamo molto consci di quello che stiamo affermando, così come sappiamo che questa reazione, nell’ottica dell’attuale paradigma, e’ una reazione nucleare molto improbabile, oppure al massimo, ottenibile mediante una grande quantita’ di energia. Tuttavia siamo abbastanza sicuri che, facendo lavorare il plasma in determinate condizioni, nella zona da noi chiamata banda di reazione vengono prodotti numerosi neutroni. Una volta generati capita che qualcuno di essi penetri nel nucleo di un atomo di tungsteno accrescendone il numero di massa:

Non sappiamo se a tale processo partecipa piu’ facilmente, in modo particolare, uno dei 5 isotopi naturali del tungsteno (e’ probabile), in ogni caso il risultato che si ottiene introducendo neutroni nel nucleo è che il numero di massa dell’elemento aumenta e con esso aumenta anche l’instabilità dell’edificio nucleare. Di conseguenza anche nel nostro caso, iterando il processo, si ottiene un nucleo di tungsteno instabile. La stabilità del nucleo viene ristabilita tramite il decadimento di un neutrone che emette un elettrone beta, lasciando un protone nel nucleo. E quando appare un nuovo protone nel nucleo possiamo certamente affermare che l’atomo originario non è più tungsteno:

(la notazione oppure e’ equivalente)

In questo modo, e per catture neutroniche successive , è spiegabile la presenza di tutti gli altri elementi e, contemporaneamente, la cella produce energia.

clicca per ingrandire
Analisi al SEM con evidenze di Renio

Intanto, per giustificare la presenza dei nuclidi che precedono il tungsteno e che sono presenti sull’elettrodo catodico, c’e’ la possibilita’ che si verifichi una particolare sequenza di catture elettroniche. Qui di seguito viene mostrata una serie di reazioni conosciute dalla fisica in cui, partendo dal tantalio (elemento che precede di un posto il tungsteno) si arriva esattamente al tulio attraverso l’itterbio, entrambi elementi trovati sul catodo:

E’ molto probabile quindi ipotizzare che, nell’inferno costituito dalla tempesta elettronica del plasma, alcuni nuclei di tungsteno possano trasformarsi in tantalio per poi dar vita ai nuclei con numero atomico inferiore.

Il fatto che i giapponesi non abbiano rinvenuto tutto questo è dovuto a una seconda peculiarità della nostra cella ottenuta mediante l’inserimento di una “camera di reazione”, da noi inizialmente realizzata per caso, rivelatasi successivamente la carta vincente per ottenere abbondanza di nuclidi. Il tutto è basato sul calcolo dell’inviluppo di tale camera. Quindi c’è anche una configurazione geometrica sostanziale nella configurazione della cella.


Conclusioni

Appena sul nostro elettrodo catodico di tungsteno facciamo verificare le condizioni opportune, riusciamo a sintetizzare nuclidi normalmente non presenti su di esso. In parole piu’ semplici operiamo una trasmutazione. Il tungsteno viene trasformato in renio, oltre che in tulio, osmio, erbio, itterbio e persino oro. Il renio è l’elemento che, nella tavola periodica, segue il tungsteno, e così pure l’osmio e l’oro. Il tulio, l’erbio e l’itterbio invece lo precedono. Le quantita’ in peso di questi metalli sono irrisorie e proprio nel caso dell’oro equivalgono a meno di pochi milionesimi di grammo, tuttavia il significato scientifico di questo risultato e’ notevole.

Per quanto riguarda l’energia termica prodotta dalla cella, siamo attualmente in grado di stimarla con maggior precisione rispetto a 5 mesi fa. Giungendo alla conclusione che i guadagni termici sono molto notevoli. Nelle oltre 70 prove fino ad ora effettuate abbiamo misurato diverse volte, prendendo in considerazione solo il riscaldamento e l’evaporazione dell’acqua, un rendimento del 120%. Considerando che, solo la stima delle perdite calorimetriche supera già di suo abbondantemente il 25% dell’ammontare totale di calore fornito, e stabilito che l’energia in uscita prodotta dai gas in espansione raggiunge certamente valori ad esso paragonabili, possiamo dire certamente che la cella ha efficienze ancora più elevate.

Una nostra ipotesi, da verificare e comprovare, è che i nucleoni all’interno del nucleo degli atomi si dispongano in strutture geometriche caratteristiche. E potrebbe darsi che alcune di queste configurazioni hanno maggiore attitudine, rispetto ad altre, di reagire ad eventi esterni modificando gli assetti geometrici. Sono proprio tali aspetti geometrici che favoriscono l’assorbimento dei neutroni e, successivamente, trasmutano. Forse il nucleo del tungsteno e’ uno di questi nuclei caratteristici.

Il nostro gruppo di Caserta e’ intenzionato a proseguire nella sperimentazione qualora ricevessimo aiuti economici per esplorare altri materiali catodici caratteristici e soprattutto altre condizioni di impianto che saremo molto contenti di suggerire.

A. Dattilo, D. Cirillo, V. Iorio


Relazione del 27/4/04